Lettera ai Colossesi 1:1-29

1  Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e nostro fratello Timòteo+  ai santi e fedeli fratelli uniti a Cristo che sono a Colosse. Possiate avere immeritata bontà e pace da Dio nostro Padre.  Ringraziamo sempre Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, quando preghiamo per voi,  perché abbiamo sentito parlare della vostra fede in Cristo Gesù e dell’amore che avete per tutti i santi  a motivo della speranza che vi è riservata nei cieli.+ Di questa speranza siete già venuti a conoscenza grazie al messaggio della verità, la buona notizia+  che è arrivata a voi. E come la buona notizia porta frutto e si diffonde in tutto il mondo,+ così avviene anche fra voi dal giorno in cui avete udito e conosciuto accuratamente l’immeritata bontà di Dio in verità,  in base a quanto avete imparato da Èpafra,+ nostro amato compagno di schiavitù che presta servizio come fedele ministro del Cristo in vece nostra.  Lui ci ha anche riferito del vostro amore secondo lo spirito.  Perciò, dal giorno in cui abbiamo sentito queste cose, non abbiamo smesso di pregare per voi e di chiedere che abbondiate dell’accurata conoscenza+ della sua volontà con ogni sapienza e intendimento spirituale,+ 10  così da camminare in modo degno di Geova+ per piacergli pienamente, continuando a portare frutto in ogni opera buona e a crescere nell’accurata conoscenza di Dio;+ 11  e preghiamo che siate rafforzati con ogni forza secondo la sua gloriosa potenza,+ così che possiate perseverare pienamente con pazienza e gioia,+ 12  ringraziando il Padre che vi ha reso degni di avere una parte nell’eredità dei santi+ che sono nella luce. 13  Egli ci ha liberato dal potere delle tenebre+ e ci ha trasferito nel regno del suo amato Figlio, 14  mediante il quale abbiamo la nostra liberazione per riscatto, il perdono dei nostri peccati.+ 15  Lui è l’immagine dell’Iddio invisibile,+ il primogenito di tutta la creazione;+ 16  infatti tramite lui sono state create tutte le altre cose nei cieli e sulla terra, visibili e invisibili,+ che siano troni, signorie, governi o autorità. Tutte le altre cose sono state create tramite lui+ e per lui. 17  Lui è prima di ogni altra cosa,+ e tramite lui tutte le altre cose sono state portate all’esistenza. 18  È il capo del corpo, la congregazione.+ È il principio, il primogenito dei morti,+ così da essere il primo in ogni cosa; 19  a Dio infatti è piaciuto di far dimorare in lui tutta la pienezza+ 20  e, per mezzo suo, di riconciliare con sé tutte le altre cose,+ che siano sulla terra o nei cieli, facendo la pace mediante il sangue+ che lui ha versato sul palo di tortura. 21  Anche voi un tempo eravate lontani e nemici+ perché la vostra mente era concentrata sulle opere malvagie, 22  ma ora egli vi ha riconciliato con sé mediante il corpo fisico di colui che è morto,+ per farvi comparire alla Sua presenza santi, senza difetto e irreprensibili;+ 23  purché rimaniate nella fede,+ solidamente poggiati sul fondamento+ e saldi,+ senza essere smossi dalla speranza di quella buona notizia che avete udito e che è stata predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo.+ Di tale buona notizia io, Paolo, sono diventato ministro.+ 24  Ora sono felice di soffrire per voi,+ e le tribolazioni del Cristo che ancora mancano le sopporto nella mia carne per il bene del suo corpo,+ che è la congregazione.+ 25  Di questa congregazione sono diventato ministro secondo l’incarico,*+ che Dio mi ha affidato in vostro favore, di predicare pienamente la parola di Dio, 26  il sacro segreto+ che è stato nascosto ai sistemi di cose passati+ e alle generazioni passate. Adesso, però, è stato rivelato ai suoi santi,+ 27  ai quali, fra le nazioni, Dio ha voluto far conoscere la gloriosa ricchezza di questo sacro segreto,+ che è Cristo unito a voi, la speranza di partecipare alla sua gloria.+ 28  È lui che annunciamo, ammonendo e istruendo tutti con ogni sapienza, così da rendere* completo ogni uomo unito a Cristo.+ 29  A questo scopo fatico e lotto, con la sua forza che agisce potentemente in me.+

Note in calce

O “gestione”.
Lett. “presentare”.

Approfondimenti

Prima lettera ai Corinti A quanto pare intestazioni come questa non facevano parte del testo originale. Antichi manoscritti dimostrano che furono introdotte successivamente, senza dubbio per identificare con facilità le varie lettere. Il codice papiraceo noto come P46 attesta che i copisti avevano l’abitudine di identificare i libri biblici con un titolo. Questo codice, spesso datato intorno al 200, è la più antica collezione disponibile delle lettere di Paolo. Ne contiene nove. All’inizio della prima lettera ispirata che Paolo scrisse ai corinti, questo codice contiene il titolo Pròs Korìnthious A (“Verso [o “A”] Corinti 1”). (Vedi Galleria multimediale, “Prima lettera di Paolo ai Corinti”.) Altri antichi manoscritti, come il codice Vaticano e il codice Sinaitico, datati entrambi al IV secolo, contengono lo stesso titolo, che compare sia all’inizio che alla fine della lettera.

Lettera ai Colossesi A quanto pare intestazioni come questa non facevano parte del testo originale. Antichi manoscritti dimostrano che furono introdotte successivamente, senza dubbio per identificare con facilità i vari libri. (Vedi approfondimento a 1Co titolo.)

Paolo [...] e nostro fratello Timoteo O “da Paolo [...] e nostro fratello Timoteo”. È Paolo lo scrittore della lettera ai Colossesi, ma nei saluti iniziali include Timoteo. Quando Paolo scrisse questa lettera, durante la sua prima detenzione a Roma intorno al 59-61, Timoteo si trovava con lui. Paolo lo chiama “nostro fratello” in virtù del legame spirituale che li univa. Sembra che in quel periodo Timoteo stesso, come Paolo, sia stato in prigione a Roma per qualche tempo (Flp 2:19; Eb 13:23).

apostolo di Cristo Gesù Vedi approfondimento a Ro 1:1.

apostolo Il sostantivo greco qui usato (apòstolos) deriva da un verbo (apostèllo) che significa “inviare”, “mandare” (Mt 10:5; Lu 11:49; 14:32). Il significato fondamentale di apòstolos risulta chiaro dalle parole di Gesù riportate in Gv 13:16, dove è tradotto “chi è mandato”. Paolo fu chiamato a essere apostolo delle nazioni, o dei non giudei, e fu scelto per questo ruolo direttamente da Gesù Cristo risorto (At 9:1-22; 22:6-21; 26:12-23). Paolo difese il suo apostolato facendo riferimento al fatto che aveva visto il Signore Gesù Cristo risuscitato (1Co 9:1, 2) e aveva compiuto miracoli (2Co 12:12). Era anche stato impiegato per far scendere lo spirito santo su credenti battezzati, il che dimostrava ulteriormente che era un vero apostolo (At 19:5, 6). Pur definendosi spesso apostolo, non si include mai fra i Dodici (1Co 15:5, 8-10; Ro 11:13; Gal 2:6-9; 2Tm 1:1, 11).

santi Spesso le Scritture Greche Cristiane si riferiscono ai fratelli spirituali di Cristo nelle congregazioni come ai “santi” (At 9:13; 26:10; Ro 12:13; 2Co 1:1; 13:13). Il termine designa coloro che vengono introdotti in una speciale relazione con Dio tramite il nuovo patto convalidato con “il sangue di un patto eterno”, il sangue versato da Gesù (Eb 10:29; 13:20). Vengono così santificati, purificati e dichiarati “santi” da Dio. Dio attribuisce loro tale condizione di santità già dal momento in cui vengono scelti come santi sulla terra e non dopo la loro morte. Quindi la Bibbia non autorizza nessun individuo e nessuna organizzazione a proclamare qualcuno “santo”. Pietro dice che devono “essere santi” perché Dio è santo (1Pt 1:15, 16; Le 20:7, 26). Il termine “santi” si applica a tutti coloro che sono uniti a Cristo e sono suoi coeredi. Più di cinque secoli prima che questo termine fosse attribuito a discepoli di Cristo, Dio aveva rivelato che persone definite “i santi del Supremo” avrebbero regnato con Cristo (Da 7:13, 14, 18, 27).

Possiate avere immeritata bontà e pace Questo è il saluto che Paolo rivolge in 11 delle sue lettere (1Co 1:3; 2Co 1:2; Gal 1:3; Ef 1:2; Flp 1:2; Col 1:2; 1Ts 1:1; 2Ts 1:2; Tit 1:4; Flm 3). Usa un saluto simile nelle sue lettere a Timoteo, ma aggiungendo la qualità della “misericordia” (1Tm 1:2; 2Tm 1:2). Gli studiosi fanno notare che, invece di usare chàirein, la comune formula resa “Saluti!”, Paolo spesso usa chàris, un termine greco dal suono simile, con cui esprime il desiderio che le congregazioni possano godere di “immeritata bontà” in abbondanza. (Vedi approfondimento ad At 15:23.) Il fatto che venga usato il termine “pace” rispecchia la comune formula di saluto ebraica shalòhm. (Vedi approfondimento a Mr 5:34.) A quanto pare, usando l’espressione “immeritata bontà e pace”, Paolo sottolinea il nuovo legame che i cristiani hanno con Geova Dio grazie al riscatto. Nel descrivere da chi provengono immeritata bontà e pace, Paolo menziona Dio nostro Padre separatamente dal Signore Gesù Cristo.

santi Vedi approfondimento a Ro 1:7.

Colosse Ai giorni di Paolo questa città dell’Asia Minore sud-occidentale si trovava nella provincia romana dell’Asia. (Vedi Glossario, “Asia”; App. B13.) Era situata nella valle del fiume Lico, lungo un’importante via commerciale che dalle città della costa egea andava verso E. Nel I secolo anche le vicine Laodicea e Ierapoli erano diventate importanti città della regione. Colosse continuò a essere un noto centro tessile, che produceva ottima lana tinta di un rosso scuro detto colossinus. I resti dell’antica Colosse, a 4 km dalla città turca di Honaz, non sono ancora stati oggetto di scavi.

Possiate avere immeritata bontà e pace da Dio nostro Padre Vedi approfondimento a Ro 1:7.

immeritata bontà Vedi Glossario.

Ringraziamo sempre Dio [...] quando preghiamo per voi O forse “Ringraziamo Dio [...] pregando sempre per voi”. Alcune Bibbie collegano la parola “sempre” all’espressione “ringraziamo Dio”, mentre altre al verbo “preghiamo”. Il testo greco ammette entrambe le possibilità.

immeritata bontà Vedi Glossario.

servitore O “ministro”. La Bibbia usa spesso il termine greco diàkonos in riferimento a qualcuno che non si risparmia nel servire umilmente gli altri. Questo termine è usato per descrivere Cristo (Ro 15:8), i ministri o servitori cristiani (1Co 3:5-7; Col 1:23), i servitori di ministero (Flp 1:1; 1Tm 3:8), oppure i domestici (Gv 2:5, 9) e i funzionari governativi (Ro 13:4).

Ministri O “servitori”. La Bibbia usa spesso il termine greco diàkonos in riferimento a qualcuno che non si risparmia nel servire umilmente gli altri. (Vedi approfondimento a Mt 20:26.) In Ro 15:8 questo termine è usato in relazione a Gesù. (Vedi approfondimento.) Qui in 1Co 3:5 Paolo parla di sé e di Apollo come di ministri, o servitori, che hanno aiutato i corinti a diventare credenti. Il loro ministero, come quello di tutti i cristiani battezzati, includeva il soddisfare i bisogni spirituali del prossimo (Lu 4:16-21).

Epafra Epafra era un fedele ministro di Colosse che andò a trovare l’apostolo Paolo durante la sua prima detenzione a Roma. Sembra che al tempo della stesura della lettera ai Colossesi l’apostolo non fosse mai stato a Colosse (Col 2:1) e che Epafra abbia contribuito a fondare la congregazione in quella città (Col 1:6-8; 4:12, 13). Il nome Epafra è un’abbreviazione di Epafrodito, ma Epafra non va confuso con l’Epafrodito di Filippi (Flp 2:25). L’Epafra di Colosse viene menzionato anche in Flm 23.

ministro Vedi approfondimenti a Mt 20:26; 1Co 3:5.

secondo lo spirito Lett. “in spirito”. L’espressione descrive il tipo di amore mostrato dai cristiani di Colosse. Questo amore, altruistico e basato sui princìpi, fa parte del frutto che lo spirito santo di Dio produce in chi si sottomette alla sua influenza (Gal 5:22).

accurata conoscenza Nelle Scritture Greche Cristiane ci sono due termini comunemente tradotti “conoscenza”: gnòsis ed epìgnosis. Epìgnosis, il termine usato qui, è una forma intensiva di gnòsis (epì letteralmente significa “sopra” ma in questo caso trasmette l’idea di “ulteriore”, “aggiuntivo”). In base al contesto può significare “conoscenza piena, autentica o esatta”. (Vedi approfondimento a Ro 10:2.) Qui Paolo lo usa per mostrare che il cristiano maturo deve raggiungere, non individualmente ma unitamente ai suoi compagni di fede, una conoscenza piena del Figlio di Dio, Cristo Gesù (1Co 1:24, 30; Ef 3:18; Col 2:2, 3; 2Pt 1:8; 2:20).

accurata conoscenza In questo contesto l’espressione “accurata conoscenza” compare due volte, qui e nel versetto successivo. Paolo prega che i cristiani di Colosse abbondino di accurata conoscenza riguardo a Dio e alla sua volontà. (Per una trattazione del termine greco qui reso “accurata conoscenza”, vedi approfondimento a Ef 4:13.)

intendimento spirituale L’espressione indica la comprensione di cose spirituali concessa dallo spirito santo. Include l’“accurata conoscenza della [...] volontà” di Dio. Chi ha questo intendimento spirituale vede le cose come le vede Geova.

camminare in modo degno di Geova Il verbo “camminare” qui è usato metaforicamente con il senso di vivere o comportarsi. Nelle sue lettere Paolo usa più volte il verbo “camminare” con un significato metaforico (Gal 5:16; Ef 5:2; Flp 3:17, nt.; Col 2:6; 3:7, nt.; 4:5, nt.; 1Ts 2:12; 4:1). Un’opera di consultazione dice che in questi contesti il verbo è usato in riferimento alla “condotta”, allo “stile di vita”. Questo uso affonda le sue radici nelle Scritture Ebraiche. Un esempio si trova in 2Re 20:3, dove sono riportate queste parole del re Ezechia: “Ti supplico, o Geova, ricorda, ti prego, che ho camminato davanti a te con fedeltà”. Quindi camminare in modo degno di Geova significa vivere in un modo che si riflette favorevolmente sul suo nome e che è in armonia con le sue giuste norme. Paolo usa un’espressione simile in 1Ts 2:12. (Per maggiori informazioni sull’uso del nome divino in questo versetto, vedi App. C3 introduzione; Col 1:10.)

spostare i monti O “trapiantare (trasferire) i monti”. A quanto pare Paolo usa un’antica figura retorica che ha il senso di “rendere possibile ciò che sembra impossibile”. (Confronta Mr 11:23, dove una simile espressione viene usata in riferimento alla fede.)

in cui regnano le tenebre Nell’originale compare l’espressione “l’autorità (potere) delle tenebre”, in riferimento al potere esercitato da e su coloro che sono nelle tenebre spirituali. (Confronta Col 1:13.) In At 26:18, le tenebre sono menzionate insieme all’“autorità di Satana”. Satana esercitò la sua autorità spingendo degli esseri umani a compiere le opere delle tenebre che portarono all’esecuzione di Gesù. Ad esempio, in Lu 22:3 si legge che “Satana entrò in Giuda, quello chiamato Iscariota”, che successivamente tradì Gesù (Gen 3:15; Gv 13:27-30).

potere delle tenebre O “autorità (dominio) delle tenebre”. Quando fu arrestato la notte prima di essere ucciso, anche Gesù parlò dell’autorità, o potere, delle tenebre sotto la cui influenza si trovavano i suoi oppositori. (Vedi approfondimento a Lu 22:53.) Qui Paolo pone l’enfasi sulle tenebre spirituali che avvolgono il sistema di cose sotto il controllo di Satana (Ef 4:18; 6:12; confronta 2Co 4:4 e approfondimento).

ci ha trasferito Qui Paolo dice che i cristiani erano stati liberati dalle tenebre e si trovavano in un luogo migliore. Usa un verbo greco che può anche significare “spostare”, “trapiantare” (1Co 13:2 e approfondimento). A volte lo stesso verbo è usato in antiche fonti extrabibliche a proposito dello spostamento di intere popolazioni da un paese all’altro. Paolo ricorda ai cristiani di Colosse la grande benedizione che hanno avuto essendo stati sottratti al dominio delle tenebre di Satana e trasferiti in un regno di gran lunga migliore.

nel regno del suo amato Figlio Qui Paolo menziona un regno che all’epoca già esisteva, dato che dal versetto si capisce che alcuni cristiani vi erano già stati trasferiti. Questo regno quindi non è il celeste Regno messianico, perché la Bibbia mostra che quest’ultimo sarebbe stato istituito molto dopo i giorni di Paolo (1Co 6:9, 10; Ef 5:5 e approfondimento; 2Pt 1:10, 11; Ri 11:15; 12:10; confronta Lu 19:11, 12, 15). Paolo si riferisce a un “regno” diverso, composto dai cristiani unti che hanno la prospettiva di diventare eredi del Regno celeste (Gc 2:5). Cristo diventò Re, o Governante, di questo regno alla Pentecoste del 33. Tale regno spirituale esisterà sulla terra fino a quando l’ultimo unto verrà portato in cielo. Dopo che questi cristiani generati dallo spirito avranno ricevuto la loro ricompensa celeste, non saranno più sudditi terreni del regno spirituale di Cristo; saranno piuttosto re con lui in cielo (Ri 5:9, 10).

il dio di questo sistema di cose “Il dio” in questione è Satana, com’è chiaramente indicato dal versetto stesso, dove si legge che “ha accecato la mente” dei “non credenti”. Gesù chiamò Satana “il governante di questo mondo” e disse che sarebbe stato “scacciato” (Gv 12:31). La dichiarazione di Gesù e il fatto che Satana venga chiamato “il dio di questo sistema di cose [o “di questa era”, “di questa epoca”]” indicano che la sua autorità è solo temporanea. (Confronta Ri 12:12.)

Regno del Cristo e di Dio Paolo dice che il Regno è allo stesso tempo di Dio e di Cristo. Geova è il Sovrano universale in quanto nostro Dio e Creatore (Sl 103:19; Isa 33:22; At 4:24), e rimane sempre Re (Sl 145:13) anche se a volte decide di delegare autorità e concedere potere ad altri. Egli ha affidato al Figlio, Cristo Gesù, l’incarico di realizzare la Sua volontà, dandogli “dominio, onore e un regno” (Da 7:13, 14). Il vasto potere che Cristo esercita quale Re deriva direttamente da Geova Dio (Mt 28:18). Anche se tutte le altre creature dell’universo sono sottoposte al suo dominio, Cristo stesso rimane sottomesso al suo Dio e Padre (1Co 15:27, 28; Ef 1:20-22).

il primogenito dei morti La Bibbia menziona altri esseri umani che furono risuscitati prima di Gesù, ma lui è stato il primo a essere risuscitato alla vita eterna. Fu risuscitato “nello spirito” (1Pt 3:18) e ricevette una posizione superiore rispetto a quella che ricopriva in cielo prima di venire sulla terra. Gli furono concesse l’immortalità e l’incorruzione, che nessun essere umano fatto di carne e sangue può avere. Fu “elevato al di sopra dei cieli”; in tutto l’universo è secondo solo a Geova Dio (Eb 7:26; 1Co 15:27; Flp 2:9-11). E fu risuscitato da Geova Dio stesso! (At 3:15; 5:30; Ro 4:24; 10:9).

il primogenito di tutta la creazione Cioè la prima creazione di Geova Dio. Il termine originale per “primogenito” (protòtokos) compare otto volte nelle Scritture Greche Cristiane, sette delle quali in riferimento a Gesù. Nelle Scritture il significato consueto di “primogenito” è quello di nato per primo in ordine di tempo, come ad esempio un bambino. Dato che Gesù era “il primogenito” di Maria, fu presentato al tempio come stabilito dalla Legge di Geova (Lu 2:7, 22, 23; Mt 1:25). Lo stesso termine greco, sempre in riferimento a Gesù, compare in Col 1:18 (vedi approfondimento) nell’espressione “il primogenito dei morti”, cioè il primo in ordine di tempo. (Confronta Ro 8:29.) Nelle Scritture Ebraiche, il più delle volte “primogenito” ha il senso di “primo figlio maschio del padre”. Il termine greco si trova nella Settanta in Gen 49:3, dove sono riportate le parole di Giacobbe: “Ruben, tu sei il mio primogenito”. (Vedi Glossario, “primogenito”.) Alcuni che sostengono che Gesù non è stato creato dicono che qui nel v. 15 “primogenito” significa “di rango superiore”, perciò traducono l’espressione con “il primogenito sopra tutta la creazione”, come se lui non ne facesse parte. Comunque, anche se è vero che Gesù è superiore rispetto a tutte le altre creature, non c’è alcun motivo per asserire che qui il termine “primogenito” assuma un significato diverso da quello solito. In Ri 3:14 Gesù è definito “il principio della creazione di Dio”, a conferma del fatto che l’espressione “il primogenito di tutta la creazione” è usata nel senso di primo creato da Dio.

un figlio unigenito Il termine greco monogenès, di solito tradotto “unigenito”, potrebbe descrivere qualcuno unico nel suo genere, solo, senza pari. Nella Bibbia è usato per definire la relazione tra un figlio o una figlia e i genitori. (Vedi approfondimenti a Lu 7:12; 8:42; 9:38.) Negli scritti dell’apostolo Giovanni questo termine è utilizzato esclusivamente in riferimento a Gesù (Gv 3:16, 18; 1Gv 4:9), ma mai in relazione alla sua nascita o esistenza come essere umano. Giovanni usa il termine per descrivere l’esistenza preumana di Gesù in qualità di Logos, o Parola, colui che “era in principio con Dio”, anche “prima che il mondo esistesse” (Gv 1:1, 2; 17:5, 24). Gesù è “figlio unigenito” in quanto fu Primogenito di Geova e l’unico a essere creato direttamente da lui. Sebbene anche altri esseri spirituali siano chiamati “figli del vero Dio” o “figli di Dio” (Gen 6:2, 4; Gb 1:6; 2:1; 38:4-7), questi furono creati da Geova tramite il suo Figlio primogenito (Col 1:15, 16). In conclusione, il termine monogenès si riferisce sia alla natura di Gesù, in quanto essere unico e incomparabile, sia al fatto che è l’unico generato direttamente ed esclusivamente da Dio (1Gv 5:18).

il primogenito di tutta la creazione Cioè la prima creazione di Geova Dio. Il termine originale per “primogenito” (protòtokos) compare otto volte nelle Scritture Greche Cristiane, sette delle quali in riferimento a Gesù. Nelle Scritture il significato consueto di “primogenito” è quello di nato per primo in ordine di tempo, come ad esempio un bambino. Dato che Gesù era “il primogenito” di Maria, fu presentato al tempio come stabilito dalla Legge di Geova (Lu 2:7, 22, 23; Mt 1:25). Lo stesso termine greco, sempre in riferimento a Gesù, compare in Col 1:18 (vedi approfondimento) nell’espressione “il primogenito dei morti”, cioè il primo in ordine di tempo. (Confronta Ro 8:29.) Nelle Scritture Ebraiche, il più delle volte “primogenito” ha il senso di “primo figlio maschio del padre”. Il termine greco si trova nella Settanta in Gen 49:3, dove sono riportate le parole di Giacobbe: “Ruben, tu sei il mio primogenito”. (Vedi Glossario, “primogenito”.) Alcuni che sostengono che Gesù non è stato creato dicono che qui nel v. 15 “primogenito” significa “di rango superiore”, perciò traducono l’espressione con “il primogenito sopra tutta la creazione”, come se lui non ne facesse parte. Comunque, anche se è vero che Gesù è superiore rispetto a tutte le altre creature, non c’è alcun motivo per asserire che qui il termine “primogenito” assuma un significato diverso da quello solito. In Ri 3:14 Gesù è definito “il principio della creazione di Dio”, a conferma del fatto che l’espressione “il primogenito di tutta la creazione” è usata nel senso di primo creato da Dio.

ogni altro nome Qui molte traduzioni usano una resa letterale del testo greco, ovvero “ogni nome”, resa che però potrebbe dare l’impressione che il nome di Gesù sia al di sopra anche del nome di Dio. Tuttavia un’idea del genere non sarebbe in armonia con il contesto, perché Paolo dice che “Dio lo ha innalzato a una posizione superiore e gli ha benevolmente dato [questo] nome”. Inoltre il termine greco qui presente, che di solito significa “ogni”, “tutto”, “tutti”, in alcuni casi ha il senso di “ogni altro” o “tutti gli altri”. Si noti ad esempio la resa “tutti gli altri” in Lu 13:2; 21:29 e Flp 2:21. Pertanto il contesto e il modo in cui il termine originale è usato in altre occorrenze avallano la resa “ogni altro”. Paolo quindi sta dicendo che il nome di Gesù è al di sopra di ogni altro nome, a eccezione di quello di Geova, colui che quel nome gliel’ha dato. (Vedi anche 1Co 15:28.)

tramite lui sono state create tutte le altre cose Dio usò il “suo amato Figlio” (Col 1:13) per creare le cose “nei cieli e sulla terra, visibili e invisibili”. In questa espressione vanno inclusi gli altri milioni di figli spirituali che appartengono alla famiglia celeste di Geova Dio, come pure l’universo fisico (Gen 1:1; Da 7:9, 10; Gv 1:3; Ri 5:11). Gesù fu il Figlio primogenito di Geova, nonché l’unico a essere stato creato direttamente da lui (Eb 1:6; vedi approfondimenti a Gv 1:14; Col 1:15). È logico ritenere che fu proprio al suo Figlio primogenito che Geova disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” (Gen 1:26).

tutte le altre cose Alla lettera il testo greco qui direbbe “tutte le cose” (Kingdom Interlinear). Tuttavia questa resa potrebbe dare l’idea che Gesù non fosse una creatura ma il Creatore stesso. Questa idea però sarebbe in contrasto con il resto della Bibbia, compreso il versetto precedente, in cui Gesù è chiamato “il primogenito di tutta la creazione” (Col 1:15; confronta Ri 3:14, dove Gesù viene definito “il principio della creazione di Dio”). Inoltre in alcuni contesti il termine greco che di solito significa “ogni”, “tutto”, “tutti” può avere il senso di “ogni altro” o “tutti gli altri”, come ad esempio in Lu 13:2; 21:29 e Flp 2:21. Questo è coerente con l’insegnamento ispirato di Paolo che si trova in 1Co 15:27: “Dio infatti ‘ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi’ [cioè di Cristo]. Ma quando viene detto che ogni cosa gli è stata sottoposta, chiaramente è escluso colui che gli ha sottoposto ogni cosa”. Pertanto sia gli insegnamenti biblici nel loro complesso sia l’attestata sfumatura di significato del termine greco usato qui confermano la resa “tutte le altre cose”. (Confronta approfondimento a Flp 2:9.)

troni, signorie, governi o autorità Qui Paolo si riferisce a posizioni di autorità all’interno della struttura amministrativa di Geova. Si tratta di una struttura esistente sia tra i suoi servitori umani che, come indicato nel versetto, tra le sue perfette creature spirituali (Esd 10:15-17; Isa 6:2; 1Co 6:3; Ef 3:10; Eb 13:17; Gda 8, 9). Queste posizioni non sono solo permesse da Geova, ma sono state create da lui. Dio è la Fonte, Colui che ha disposto tutta questa struttura, mentre suo Figlio è colui che l’ha posta in essere. Le posizioni di autorità menzionate in questo versetto sono state “create tramite [Gesù] e per lui”, pertanto non possono riferirsi a governi umani.

sono state create tramite lui e per lui Anche se di Gesù, il Figlio primogenito di Dio, qui viene detto che ha avuto una parte nella creazione di tutte le cose, le Scritture non lo chiamano Creatore. Il versetto precedente dice che lui è “il primogenito di tutta la creazione” e Ri 3:14 lo chiama “il principio della creazione di Dio”. Dopo essere stato lui stesso creato, Gesù, la “sapienza” personificata menzionata in Proverbi capitolo 8, divenne l’“artefice”, o “abile artigiano”, di Geova (Pr 8:1, 22, 30; nt.). Il ruolo che lui ebbe nella creazione è descritto in Pr 8:22-31, dove l’“artefice” dice: “Mi rallegravo della sua terra [cioè della terra di Dio], fatta per essere abitata, e avevo particolare affetto per gli esseri umani”. Questo è anche il senso di Col 1:16, che dice: “Tutte le altre cose sono state create tramite lui e per lui”.

nel regno del suo amato Figlio Qui Paolo menziona un regno che all’epoca già esisteva, dato che dal versetto si capisce che alcuni cristiani vi erano già stati trasferiti. Questo regno quindi non è il celeste Regno messianico, perché la Bibbia mostra che quest’ultimo sarebbe stato istituito molto dopo i giorni di Paolo (1Co 6:9, 10; Ef 5:5 e approfondimento; 2Pt 1:10, 11; Ri 11:15; 12:10; confronta Lu 19:11, 12, 15). Paolo si riferisce a un “regno” diverso, composto dai cristiani unti che hanno la prospettiva di diventare eredi del Regno celeste (Gc 2:5). Cristo diventò Re, o Governante, di questo regno alla Pentecoste del 33. Tale regno spirituale esisterà sulla terra fino a quando l’ultimo unto verrà portato in cielo. Dopo che questi cristiani generati dallo spirito avranno ricevuto la loro ricompensa celeste, non saranno più sudditi terreni del regno spirituale di Cristo; saranno piuttosto re con lui in cielo (Ri 5:9, 10).

il capo del corpo, la congregazione Sia nella lettera ai Colossesi che in quella agli Efesini, Paolo paragona la congregazione cristiana a un “corpo”, del quale Cristo è il “capo”, la testa (Ef 1:22, 23). Secondo un’opera di consultazione, questa metafora “suggerisce non solo quanto sia vitale l’unione [delle membra] con il Capo, ma anche che la volontà del Capo è esercitata mediante le membra. Queste sono suoi strumenti”. Gesù è inoltre il capo, o governante, del regno che Paolo chiama il “regno del suo amato Figlio”, cioè del Figlio di Dio (Col 1:13 e approfondimento).

il primogenito dei morti La Bibbia menziona altri esseri umani che furono risuscitati prima di Gesù, ma lui è stato il primo a essere risuscitato alla vita eterna. Fu risuscitato “nello spirito” (1Pt 3:18) e ricevette una posizione superiore rispetto a quella che ricopriva in cielo prima di venire sulla terra. Gli furono concesse l’immortalità e l’incorruzione, che nessun essere umano fatto di carne e sangue può avere. Fu “elevato al di sopra dei cieli”; in tutto l’universo è secondo solo a Geova Dio (Eb 7:26; 1Co 15:27; Flp 2:9-11). E fu risuscitato da Geova Dio stesso! (At 3:15; 5:30; Ro 4:24; 10:9).

far dimorare in lui tutta la pienezza Gesù Cristo è la figura centrale nell’adempimento del proposito di Dio, e occupa il posto più importante nella congregazione. Oltre al “sangue che lui ha versato sul palo di tortura” per riconciliare l’umanità con Dio (Col 1:20), Gesù provvede tutto ciò (“tutta la pienezza”) di cui i cristiani hanno bisogno in termini di guida e istruzioni. Inoltre è la personificazione stessa delle qualità divine, inclusa la sapienza. Il suo esempio e i suoi insegnamenti sono perfetti, e non hanno bisogno di essere integrati con filosofie e tradizioni umane (Col 2:8-10). Pertanto Gesù è colui al quale i cristiani guardano quale Modello e fonte di istruzione.

siamo stati riconciliati con Dio Il verbo usato nel testo greco (katallàsso), presente due volte in questo versetto e due volte nel passo di 2Co 5:18, 19, ha fondamentalmente il significato di “cambiare”, “scambiare”. Col tempo assunse anche quello di “passare da un rapporto di ostilità a uno di amicizia”. Quando viene usato in riferimento al rapporto che l’uomo ha con Dio, trasmette il senso di ristabilire l’armonia o un rapporto d’amicizia. Paolo usò questo verbo parlando di una donna che doveva ‘riconciliarsi con il marito’ dal quale si era separata (1Co 7:11). Il verbo affine diallàssomai ricorre in Mt 5:24 nell’esortazione di Gesù a ‘fare pace con il proprio fratello’ prima di presentare un’offerta all’altare. (Vedi approfondimento a Mt 5:24.) L’umanità ha bisogno di essere riconciliata con Dio perché il primo uomo, Adamo, disubbidendo trasmise il peccato e l’imperfezione a tutti i suoi discendenti. Di conseguenza l’umanità è lontana da Dio, in una condizione di inimicizia con lui, visto che le sue stesse norme non gli consentono di condonare la trasgressione (Ro 5:12; 8:7, 8).

Dio, che ci ha riconciliato con sé Tutti gli esseri umani hanno bisogno di essere riconciliati con Dio perché il primo uomo, Adamo, disubbidendo trasmise il peccato e l’imperfezione a tutti i suoi discendenti (Ro 5:12). Di conseguenza sono lontani da Dio, in una condizione di inimicizia con lui, visto che le sue stesse norme non gli consentono di condonare la trasgressione (Ro 8:7, 8). I termini greci per “riconciliare” e “riconciliazione” fondamentalmente hanno il significato di “cambiare”, “scambiare”. In questo contesto descrivono il passaggio da un rapporto di ostilità con Dio a uno di amicizia e armonia. Con l’espressione “ci ha riconciliato” Paolo si riferisce a sé stesso, ai suoi collaboratori e a tutti i cristiani unti con lo spirito. Innanzitutto Dio li ha riconciliati con sé mediante Cristo, cioè grazie al suo sacrificio di riscatto. Poi ha affidato loro “il ministero della riconciliazione”. (Vedi approfondimento a Ro 5:10.)

riconciliava con sé un mondo Il mondo, ovvero tutti gli esseri umani, ha bisogno di essere riconciliato con Dio perché il primo uomo, Adamo, disubbidendo trasmise il peccato e l’imperfezione a tutti i suoi discendenti. (Vedi approfondimento a 2Co 5:18.) Dio sta effettuando questa riconciliazione mediante Cristo, cioè grazie al suo sacrificio espiatorio (Ro 5:10; 2Co 5:21; Col 1:21, 22). Geova ha nominato quelli che sono uniti a Cristo “ambasciatori” in un mondo ostile e ha affidato loro “il ministero della riconciliazione” (2Co 5:18, 20).

riconciliare con sé Il verbo greco qui reso “riconciliare” ha fondamentalmente il significato di “cambiare”, “scambiare”. Col tempo assunse anche quello di “passare da un rapporto di ostilità a uno di amicizia”. Qui Paolo spiega che la riconciliazione è resa possibile “mediante il sangue che [Gesù] ha versato sul palo di tortura”. Grazie a questo mezzo, l’umanità ritroverà l’armonia con Dio, il che permetterà che tra uomo e Dio torni a esserci un rapporto di amicizia. (Vedi approfondimenti a Ro 5:10; 2Co 5:18, 19.)

cose [...] sulla terra o nei cieli Qui Paolo descrive coloro che vengono riconciliati con Dio per mezzo del sangue che Cristo ha versato sul palo di tortura. Le “cose [...] nei cieli” sono i cristiani unti con lo spirito, chiamati a regnare con Cristo in cielo. Questi sono “partecipi della chiamata celeste” (Eb 3:1) e dal cielo “regneranno sulla terra” con Cristo quali coeredi del Regno di Dio (Ri 5:9, 10). Le “cose [...] sulla terra” invece sono quegli esseri umani che sono riconciliati con Dio e vivranno sulla terra quali sudditi di quel Regno celeste (Sl 37:29; vedi approfondimento a Ef 1:10).

palo di tortura O “palo per l’esecuzione”. (Vedi Glossario.)

per radunare nel Cristo tutte le cose L’amministrazione che Dio ha implementato si realizzerà in due fasi. Nella prima vengono radunate le cose nei cieli, cioè quelli chiamati a regnare con Cristo in cielo (Ro 8:16, 17; Ef 1:11; 1Pt 1:4); questa fase iniziò alla Pentecoste del 33 (At 2:1-4). Nella seconda vengono radunate le cose sulla terra, cioè i sudditi del governo celeste che vivranno nel Paradiso sulla terra (Gv 10:16; Ri 7:9, 10; 21:3, 4).

è stata predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo Paolo non stava dicendo che la buona notizia avesse letteralmente raggiunto ogni singolo paese intorno al globo. Stava piuttosto descrivendo a grandi linee quanto fosse arrivata lontano la predicazione (Ro 1:8; Col 1:6). All’epoca in cui scrisse la lettera ai Colossesi, il messaggio del Regno era ampiamente conosciuto in tutto l’impero romano e oltre. In effetti, una trentina di anni prima, giudei e proseliti che avevano accettato il cristianesimo alla Pentecoste del 33 avevano poi portato il messaggio almeno fino in luoghi come Partia, Elam, Media, Mesopotamia, Arabia, Asia Minore, in alcune zone della Libia vicino a Cirene e a Roma, abbracciando il mondo conosciuto dai lettori di Paolo (At 2:1, 8-11, 41, 42). Comunque Paolo stesso, con quello che disse nel capitolo 15 di Romani, mostrò che le sue parole non andavano intese in senso letterale. Lì infatti disse che la buona notizia non era stata ancora predicata in quelli che all’epoca erano i “territori inesplorati” della Spagna (Ro 15:20, 23, 24).

del suo corpo, che è la congregazione Vedi approfondimento a Col 1:18.

il capo del corpo, la congregazione Sia nella lettera ai Colossesi che in quella agli Efesini, Paolo paragona la congregazione cristiana a un “corpo”, del quale Cristo è il “capo”, la testa (Ef 1:22, 23). Secondo un’opera di consultazione, questa metafora “suggerisce non solo quanto sia vitale l’unione [delle membra] con il Capo, ma anche che la volontà del Capo è esercitata mediante le membra. Queste sono suoi strumenti”. Gesù è inoltre il capo, o governante, del regno che Paolo chiama il “regno del suo amato Figlio”, cioè del Figlio di Dio (Col 1:13 e approfondimento).

sapienza di Dio espressa in un sacro segreto L’espressione si riferisce a ciò che Dio ha saggiamente stabilito di fare per porre fine alla ribellione iniziata nell’Eden e per portare pace e unità a livello universale. (Vedi Glossario, “sacro segreto”.) Il “sacro segreto” (in greco mystèrion; vedi approfondimento a Mt 13:11) iniziò a essere rivelato con la profezia di Geova riportata in Gen 3:15. Questo “sacro segreto” si incentra su Gesù Cristo (Ef 1:9, 10; Col 2:2) e riguarda la sua identità quale discendente promesso, o Messia, e la sua posizione nel Regno di Dio (Mt 13:11); include anche la scelta degli unti (sia tra ebrei che non ebrei), che insieme a Cristo avrebbero ereditato il Regno (Lu 22:29, 30; Ro 11:25; Ef 3:3-6; Col 1:26, 27), e la natura del tutto unica di questa congregazione composta da 144.000 “comprati fra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello” (Ri 14:1, 4). Queste sfaccettature possono essere colte solo da coloro che studiano in modo accurato le Scritture.

il sacro segreto L’espressione “sacro segreto” viene menzionata varie volte nella lettera di Paolo ai Colossesi (Col 1:27; 2:2; 4:3; vedi approfondimenti a Mt 13:11; 1Co 2:7; Ef 1:9).

sistemi di cose passati O “ere passate”, “epoche passate”. (Vedi Glossario, “sistema/i di cose”.)

sacri segreti Nella Traduzione del Nuovo Mondo il termine greco mystèrion è reso 25 volte con l’espressione “sacro segreto”. Qui è al plurale e si riferisce agli aspetti del proposito di Dio che non vengono rivelati finché lui non decide di renderli noti. A quel punto vengono pienamente svelati soltanto a coloro che sono stati scelti perché li comprendano (Col 1:25, 26). Una volta rivelati, i sacri segreti di Dio vengono diffusi nella maniera più ampia possibile. Lo si può capire dal fatto che al “sacro segreto” la Bibbia associa termini o espressioni come “annunciare”, “far conoscere”, “predicare pienamente”, “rivelare” (1Co 2:1; Ef 1:9; 3:3; Col 1:25, 26; 4:3). Il principale “sacro segreto di Dio” si concentra sull’identificazione della “discendenza” promessa, il Messia (Col 2:2; Gen 3:15). Questo sacro segreto, comunque, ha più sfaccettature e include il ruolo affidato a Gesù nel proposito di Dio (Col 4:3). Come mostrò Gesù in questa occasione, i “sacri segreti” hanno a che fare con il Regno dei cieli, o “Regno di Dio”, il governo celeste in cui Gesù ricopre il ruolo di Re (Mr 4:11; Lu 8:10; vedi approfondimento a Mt 3:2). Nelle Scritture Greche Cristiane si fa un uso del termine mystèrion diverso da quello comune alle antiche religioni misteriche. Queste religioni, spesso incentrate sui culti della fertilità che nel I secolo avevano ampia diffusione, promettevano che tramite rituali mistici i loro adepti avrebbero ottenuto l’immortalità, la rivelazione diretta e la comunione con le divinità. È chiaro che il contenuto di quei segreti non si basava sulla verità. Gli iniziati alle religioni misteriche facevano voto di tenere per sé i segreti, lasciandoli avvolti in un alone di mistero, il che era in netto contrasto con la proclamazione dei sacri segreti che avveniva nel cristianesimo. Quando nelle Scritture è usato in relazione alla falsa adorazione, mystèrion è reso “mistero” nella Traduzione del Nuovo Mondo (2Ts 2:7; Ri 17:5, 7).

il sacro segreto della sua volontà L’espressione “sacro segreto” compare svariate volte nella lettera agli Efesini. Generalmente parlando, il “sacro segreto” di Geova si incentra su Gesù Cristo (Col 2:2; 4:3). Ha comunque molte sfaccettature, che riguardano ad esempio: l’identità di Gesù quale discendente promesso, o Messia, e la posizione che ricopre nel proposito di Dio (Gen 3:15); un governo celeste, il messianico Regno di Dio (Mt 13:11; Mr 4:11); la congregazione dei cristiani unti con lo spirito, di cui Cristo è capo (Ef 5:32; Col 1:18; Ri 1:20); il ruolo di questi unti, che con Gesù avrebbero ereditato il Regno (Lu 22:29, 30); la scelta degli unti non solo tra ebrei ma anche tra non ebrei (Ro 11:25; Ef 3:3-6; Col 1:26, 27). (Vedi approfondimenti a Mt 13:11; 1Co 2:7.)

completo O “maturo”, “perfetto”. (Confronta 1Co 2:6 e nt.)

Galleria multimediale

Lettera di Paolo ai Colossesi
Lettera di Paolo ai Colossesi

Nell’immagine si vede un foglio del codice papiraceo noto come P46, che si ritiene risalga al 200 circa. Questo codice è una raccolta di nove delle lettere di Paolo, ma l’ordine in cui vi compaiono non è quello delle Bibbie moderne. (Vedi Galleria multimediale, “Prima lettera di Paolo ai Corinti” e “Seconda lettera di Paolo ai Corinti”.) Questo foglio contiene la parte finale della lettera ai Filippesi e l’inizio della lettera ai cristiani di Colosse, città dell’Asia Minore sud-occidentale. Fa parte del papiro Chester Beatty 2, conservato presso la Chester Beatty Library a Dublino, in Irlanda. Nell’immagine è evidenziato il titolo, dove si legge “Verso [o “A”] Colossesi”. Questa collezione papiracea dimostra che i copisti adottarono molto presto l’abitudine di identificare i libri biblici con un titolo.

Introduzione video al libro di Colossesi
Introduzione video al libro di Colossesi